giovedì 9 giugno 2011

Quasimodo, di Linda Parmeggiani:

I ragazzi dello spettacolo "Quasimodo" sul palco del
Teatro Bismantova di Castelnovo ne'Monti.

Anno 1482

C'era una volta Parigi.
Le campane della cattedrale suonano sulla città e svegliano le genti scandendo con fermezza l'inizio di una storia di vita, di morte, di odio, amore e dolore.
Ecco le strade che si affollano di anonime persone ed ecco i profumi e i colori che i poeti del tempo cercano di intrappolare nella carta perché vivano in eterno.
Ecco gli zingari e le belle danzatrici che incantano i passanti derubandoli dei cuori e del denaro.
Ecco lo specchio di un tempo di mezzo, un'era che sta precipitando nel suo veloce avvenire, il suono delle campane della cattedrale di Notre-Dame scandisce il respiro affannato di un tempo duro come la pietra e complicato come una statua, ma soprattutto che nasconde un'immenso segreto.
Nell'oscurità del campanile vive il deforme campanaro: un Mostro.
Può un uomo provare pietà per un tale mostro?
Come può questo orrendo re dei folli provare amore ?
Come fare un mondo senza povertà e frontiere?
Il tradimento sta nella carne o nella mente?
Ma soprattutto , chi è il vero Mostro della storia?

Victor Hugo ci pone queste e molte altre domande nel suo famoso romanzo Notre Dame de Paris che recentemente Riccardo Richard Cocciante insieme a Luc Plamondon (per la versione francese) e Pasquale Pannella (versione italiana) hanno riproposto in chiave musicale, precisamente in un Opera Popolare.
L'opera narrata dal poeta Gringoire percorre tutta la storia del gobbo Quasimodo che imprigionato dall'arcidiacono Frollo nella cattedrale s'innamora della bella Esmeralda, una zingara che vive con il protettore Clopin e tutti gli altri stranieri nella Corte dei Miracoli, luogo oscuro e misterioso nella periferia di Parigi. A sua volta Esmeralda si innamorerà di Febo, l'affascinante capo delle guardie, però, molto vicino al giorno delle nozze con la determinata Fiordaliso. La tragica conclusione racchiude in se molto più di ciò che ogni breve sunto, ovviamente, può trasmettere. Ecco perché non si può fare altro che assistere a questa opera per entrare immediatamente nella bellezza della storia.

In questi giorni la Scuola di Danza e Teatro Arcobaleno di Castelnovo ne'Monti ha portato a Teatro una fedele rivisitazione dell'opera su regia di Francesca Bianchi.

"Il teatro in montagna ha poche entrate. Abbiamo cercato di fare più serate possibili a scopo di una maggiore sensibilità teatrale"

Parla Luca Quercioli insegnante della scuola di danza, ma prima ancora ballerino professionista diplomato all'accademia Cosi-Stefanescu di Reggio Emilia.
Tutti gli anni la scuola di danza di Castelnovo ne' Monti porta a teatro un saggio di fine anno a tema ogni volta diverso. Quest'anno, però, si è rivelato qualcosa di più importante che il semplice saggio. Come ci spiega l'insegnante, quella che  è avvenuto è stata una vera e propria opera di sensibilizzazione in una montagna dove raramente possiamo essere spettatori di spettacoli di danza. Si cercato così di trovare più spazio possibile per quest'arte, anche svolgendo spettacoli ad entrata gratis, fatte apposta per i ragazzi e così che si possa capire l'importanza che la cultura ha soprattutto ai giorni d'oggi. I protagonisti di questo importante passo che la montagna ha accolto calorosamente sono loro, i numerosi ragazzi tra i 7 e i 20 anni che divertendosi e giocando hanno creato un'occasione per imparare e capire l'importanza della cultura, di discipline come la danza, il teatro, la musica e il canto.

"La danza nasce come Arte, come musica che si traduce in movimento. La danza, come il teatro e la musica, è una disciplina dove non vi è competizione ma la bellezza di mettersi in gioco e di creare un gruppo. Nel momento in cui i miei ragazzi ballano sul palco creano qualcosa di bello, senza nulla da perdere, si crea così un gruppo e quindi anche un'educazione. L'esibizione è puro divertimento, motivo di emozione ma richiede anche molta concentrazione e impegno."

Luca ci spiega così la molteplice funzione che una disciplina come l'arte può avere sui giovani ovvero scopo di divertimento, di ritrovo, di sfogo da un mondo sempre più materiale. Ma anche un ottimo contesto dove imparare a crescere e ricevere un' educazione al lavoro e all'impegno sempre ripagato. Insomma il posto giusto dove ogni ragazzo può imparare a crescere sentendosi parte di un gruppo che ha bisogno di lui e quindi lo incarica di certe responsabilità che lo fanno sentire in un qualche modo importante, soddisfatto, divertito, emozionato.
Proprio in questo clima di educazione il Presidente della scuola nonché costumista, truccatrice e professoressa madrelinguista di Francese, Valerie Ferrari ha avuto l'idea di portare lo spettacolo dentro la scuola, di porlo proprio al centro del ritrovo più importante dei ragazzi della montagna che sono anche i protagonisti di questa storia e i futuri protagonisti di questo paese. Valerie ha coinvolto così una terza del liceo linguistico (3Q) che ha partecipato allo spettacolo insieme agli allievi della scuola, interamente in lingua francese.

"Una lingua straniera implica sopra ogni cosa la comunicazione e questo spettacolo è un'occasione per i ragazzi che studiano la lingua di dimostrare le proprie capacità. Per me è un modo di rendere di una classe, un gruppo e coinvolgere ognuno di loro, uno per uno, perché tutti abbiano la propria soddisfazione nel vedere e capire che ne sono capaci, capaci di comunicare in una lingua straniera e di mettersi in gioco."

Questo spettacolo è quindi diventato anche per Valerie, qualcosa di più importante che un semplice spettacolo. Portandolo dentro la scuola abbiamo provato con occhi e orecchie, sulla nostra pelle come la cultura possa formare teste e caratteri.
Un ottimo aiuto a ragazzi che si dovranno preparare ad un domani forse non ben definito, ma che saranno pronti ad affrontare grazie a tutto ciò che stanno vivendo ora.

"Potrei fare lezione sul libro, insegnare semplicemente grammatica e far ripetere le regole a memoria. La verità è che per me gli alunni non sono dei numeri, ma delle persone e io mi sento in dovere di formare questi ragazzi, di educarli e fare in modo che sviluppino l'autostima, che diventino così forti che potranno studiare tutto e bene, soprattutto le lingue straniere. Sul palco vengono fuori le insicurezze e le qualità dei ragazzi ed essendo basato su tante competenze come il teatro, la danza, il canto e la musica ognuno ha la possibilità di impegnarsi e di divertisti trovando motivazione nella propria soddisfazione."

Valerie crede fortemente in questo progetto e ci rivela col cuore che :
"La mia realizzazione, come insegnante e come persona sta nel loro riuscire, nel vedere le loro qualità emergere e con loro le tante soddisfazioni"

Soddisfazioni che anche gli allievi della scuola di danza come i ragazzi della classe coinvolta sentono fortemente come ci racconta un' allieva della scuola di danza: 
"Quando sono venuta qui all'inizio non sapevo fare niente. Poi lavorando ho ottenuto molto risultati
A dire la verità non mi aspettavo di poter fare così tanto e che questa esperienza potesse diventare una cosa così grande."

Questo ambiente pieno di cultura è molto lontano dal rapporto che spesso e purtroppo vi è tra insegnante e alunno. Insomma si realizza qui una vera e propria scuola di vita. Come ci spiegano Erika Corradini e Vanjal Dapretto che lavorano soprattutto con i bambini più piccoli nella scuola di danza:

"Più che il lavoro di insegnante, lavorando con dei bambini, si sviluppa un ruolo di studente-insegnante, perché bisogna innanzitutto imparare a capire la loro richiesta per poi poter insegnare i vari movimenti"

Anche Luca ci racconta di un rapporto di fiducia e stima che si viene a creare con i propri allievi. Un immenso mix di fiducia, impegno, disciplina, divertimento, vita e passione che vanno a creare questa cosa immensa che è la cultura e che bisogna continuare a promuovere soprattutto qui, nella nostra montagna, tra noi giovani.
Concluderei così con le parole dell'insegnante di Teatro, attrice e regista dello spettacolo Francesca Bianchi che penso possano riassumere molto bene tutto ciò che è stato detto.
Grazie a tutti quelli che hanno visto lo spettacolo e che si sono emozionati con noi.

"Fare teatro con i ragazzi significa dar loro la possibilità di aprire il cuore a nuovi orizzonti, di guardar meglio al di là del proprio confine, rendendosi conto di quante svariate forme di vita ci siano accanto alla nostra. Teatro è vivere altre vite. Dar voce ad altre persone. Comunicare emozioni, passioni con verità ed estrema semplicità. L'aver unito, poi, il teatro con la danza, credo che sia stato un obiettivo "presuntuosamente raggiunto"! Due discipline in un' unica dimensione, abbattendo le linee di confine dell'una e dell'altra. Lo spettacolo " Quasimodo" nasce non soltanto dall' occasione di far toccare con mano una colonna portante della letteratura francese e mondiale, ma diventa un'importante occasione per dar voce a temi attualissimi che, ahimè, dilagano nel nostro presente: i pregiudizi, la paura per tutto ciò che è "sconosciuto", l'emarginazione sociale e l'arroganza di parte della società. Che l'ARTE, possa diventare così uno strumento alto, nobile e necessario nel tentare di togliere potere ai "mali della nostra società".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Great concept !(with no thugs)