mercoledì 23 gennaio 2008

L'attore disse: "Io sono Astaroth, angelo caduto che vuole diventare uomo"

Descrivere le emozioni che si provano durante la rappresentazione di uno spettacolo come "Astaroth" è complicato.
Ero io, una primavera fa, attore della compagnia dell'istituto Cattaneo-Dall'Aglio di Castelnovo Monti, sul palco di un teatro della provincia emiliana, a vivere la vita di un angelo caduto che vuole diventare uomo. Vi porto la mia testimonianza, in carne e finzione, indelebile, duratura nel tempo: la grande tensione dei giorni precedenti, il febbrile ripasso del copione, la consapevolezza di dover portare in scena qualcosa di fronte ad un pubblico conosciuto hanno accompagnato un po' tutti nel nostro gruppo. Eravamo tesi, preoccupati del minimo errore, di annoiare il pubblico o di non dare il meglio di noi.
Quello del teatro è un gioco mistico dove nulla è lasciato al caso e tutto assume un significato particolare, fatto di momenti comuni a tutti ma completamente soggettivi allo stesso tempo: le battute degli altri personaggi poco prima del proprio turno; il primo, complicatissimo, passo sul palco; la voce che sembra non voler uscire...
Poi, rapidamente, tutto assume un senso e la realtà cambia: non si è più persone impegnate ad interpretare un personaggio, si è il personaggio. Lo si sente sulla propria pelle ad ogni parola, ogni gesto. Il recitare diventa vivere. Allora il teatro si svela essere quello che è realmente, molto più di qualche trave di legno o un sipario di stoffa.
Chi vive il personaggio lo sente, si accorge che c'è qualcosa di più, perde la consapevolezza del mondo reale e si lascia trasportare dalla sua forza.
Nella semioscurità del teatro si sentono le voci ed i bisbigli del pubblico, lo si percepisce. Ma non lo si vede. E si prosegue. Si continua a vivere il poco tempo a disposizione fino a quando non si sente vicina la fine, il sapore delle ultime battute che avvicina lentamente al termine.
Uno sbuffo di fumo, il cigolare del sipario, la luce che inonda di nuovo la sala e le voci che tornano a farsi sentire riportano alla realtà. L'interprete muore in quel momento, lasciando una parte di sé su quel palco. Ma il personaggio no: lui continua la sua vita all'interno di chi l'ha permessa, sia esso un attore o uno spettatore.
(Disegno di Mitarashi)
Giuliano Gabrini

1 commento:

Anonimo ha detto...

lunga vita ad Astaroth!!